F. Pieroni, "Camminate ascensoriali", Designplaza (2004)
La verticalità ricercata quale espressione – o espressionistica? – manifestazione della spazialità. Il recupero di una porzione di un antico palazzo nobiliare sito nel nucleo storico di San Benedetto del Tronto e adibito a residenza familiare secondo il progetto realizzato dall’architetto Vincenzo Eusebi di Nothing Studio. In un contesto precedentemente funzionale a contenere merci, gli ambienti voltati del palazzo ritrovano nuovo valore nella destinazione civile e mutano in maniera simbiotica con lo spirito dell’edificio che, come dicevamo, riscopre una volontà ascensionistica morfologicamente esperita tra i quattro livelli attraverso un sistema di scale sempre diversamente dislocate, che, salendo in progressione, si diradano – dal punto di vista costruttivo – quasi a misurare, in maniera ascensionale, lo spazio. Uno spazio di luce, appunto, grazie anche alla grande apertura vetrata praticata nella copertura e collocata immediatamente a ridosso del muro di spina. Il moto, lo sviluppo, la salita, la spirale, l’ascesa fra i diversi livelli contamina gli ambienti, re-interpretati in chiave monofunzionale: ingresso, uffici, relax e servizi a livello zero; soggiorno, relax, pranzo e cucina al livello primo; camere, servizi e lavanderia al livello secondo; e piano riservato agli ospiti il terzo. Il disegno planimetrico considera matrice fondamentale la direttrice della luce zenitale permeante gli ambienti e sulla base di questa crea, modulando una leggera rotazione sull’asse della costruzione, uno spazio interno dedicato ai servizi, ovvero un corpo, dinamico e complesso, ma soprattutto elemento architettonico progettuale significante che attraverso un volume prismatico sospeso e ricoperto di legno di Rovere tinto Wengé realizza il locale di servizio delimitando, in uno spazio altro, lo iato fra cucina e soggiorno. Combinata e integrata, ma soprattutto contaminata, la spazialità diventa così una tessitura di nervature giocata fra colori, materiali e geometrie differenti con un unico elemento che domina su tutti nella sua ambivalenza formale: la bellissima scala a sbalzo – aerea – e quella strutturale – corporea – che, in maniera univoca si arrampicano fra le volte di mattoni, da terra a cielo. Gli spazi diventano così forme sagomate e ritagliate da arredare con cura e gusto attraverso gli oggetti di design, come il tavolo da pranzo disegnato da Eero Saarinen nel 1956, la lampada da terra Arco di Achille Castiglioni, anno 1962, e l’arredamento di pezzi notevoli firmati Mies Van Der Rohe 1929 quali il mobile scrivania, la poltrona, lo sgabello e il letto. Tutto il resto del mobilio è curato ad hoc in considerazione di spazio, luce e forma per ritagliare, a volte dalla muratura a volte dallo spazio, i sistemi minimi e indispensabili. Anche le scelte per i materiali di rivestimento definiscono il concept dell’intervento di ristrutturazione, tutto giocato nel delicatissimo rapporto fra pieni orizzontali e vuoti verticali, fra materia -a volte anche “invadente” come il mattone e superficie smaterializza, come le pareti di vetro parzialmente satinato utilizzate sia come delimitazione effimera dello spazio che come protezione per la scala. In questo gioco trasversale fra livelli, strutture e luce, l’accuratezza posta alla definizione delle pareti risulta complementare. Le volte in mattoni, recuperate con l’inserimento di nuova malta, si confrontano con l’intonaco di colore bianco per lasciare al rivestimento della pavimentazione, realizzata in parquet di legno di Rovere a listino chiodati, e alle diverse tonalità di essenze utilizzate nell’appartamento. Il caldo abbraccio che solo il legno bagnato di luce diffonde nella casa.
MAGAZINE
Designplaza
EDITED BY
Francesca Pieroni
YEAR
2004